Cresciuto tra Lecce e Corsano, nel meraviglioso Capo di Leuca, ricco di storia e di bellezza, terra di accoglienza ma anche di partenza. Nel suo percorso umano e professionale ci sono però anche altri luoghi dove ha vissuto per periodi più o meno lunghi e che per Pierdomenico Bortune sono stati come dei fratelli e delle sorelle maggiori, che in qualche modo gli hanno insegnato qualcosa di prezioso, altri punti di vista: Bologna, Parigi e Torino.

Oggi vive a Neuchâtel, bellissima città che continua a scoprire ogni giorno grazie alla sua compagna Federica. Da due anni lavoro per il C.I.P.E. come docente di lingua e cultura italiana in alcune scuole medie tra La Chaux-de-Fonds, Le Locle e Cernier. Nel tempo libero legge tanto, scrive (meno di quanto vorrebbe), studia pianoforte jazz. Un rammarico: “Dovrei fare più sport”, svela ai lettori e alle lettrici di italoBlogger.

Desiderava fare lo scrittore sin da bambino?
 Sì, fin da piccolo ho amato molto scrivere. I miei genitori incoraggiavano la mia passione per la lettura con la mitica collana “Il Battello a Vapore” e con “Il Giornalino” dove si trovavano tantissimi fumetti e illustrazioni. Grazie alla libreria della mia sorella più grande poi, qualche hanno dopo ma ancora giovanissimo, mi intrufolavo in punta di piedi – anche perché il più delle volte prendevo senza chiedere permesso! – fra le pagine di romanzi come “La coscienza di Zeno”, “Il processo”, “L’insostenibile leggerezza dell’essere”, “1984”… Queste opere scritte da mostri sacri mi hanno portato a idealizzare e mitizzare la figura dello scrittore e per molto tempo mi hanno anche un po’… paralizzato! Ho sempre scritto ma ho iniziato a produrre qualcosa di leggibile solo più tardi, quando mi sono detto: meglio tenere i piedi per terra e smettere di scrivere cose che non capisco neanche io e, come se non bastasse, dalle dubbie virtù grammaticali e morfosintattiche! Ogni tanto però ci ricasco ancora…

Qual è l’ultimo libro che ha letto e quale va assolutamente letto almeno una volta nella vita?
Il mio libro del cuore è “L’écume des jours” di Boris Vian (per l’italiano consiglio l’ottima edizione di Marcos y Marcos, “La schiuma dei giorni”). Questo romanzo è unico per l’universo magico che l’autore riesce a creare; un mondo assurdo ma allo stesso tempo tangibile, concreto, ricco di idee e originalità e pieno di bellezza, anche nei momenti più tragici. Colin e Chloé, le atmosfere e le invenzioni come il pianocktail, hanno rivoluzionato il mio modo di guardare alla creazione artistica e letteraria, oltre a farmi appassionare finalmente e pour de bon alla musica jazz.

Il libro da consigliare? Non saprei indicare un libro da leggere in assoluto perché credo che tra tutte le letterature ed epoche del mondo ci siano centinaia di opere geniali e per tutti i gusti, ma un libro da non perdere sulla storia della migrazione italiana in Svizzera è senza dubbio “Cacciateli! Quando i migranti eravamo noi” di Concetto Vecchio, pubblicato di recente da Feltrinelli. C. Vecchio racconta la migrazione italiana in Svizzera degli anni ‘60, quella più dura, con delicatezza, ritmo, eleganza. Grazie alla sua voce ho potuto immaginare con più forza le piccole grandi peripezie di mio nonno Biagio, stagionale a Lucerna per quasi vent’anni. È uno di quei libri che emozionano e che una volta finiti si sente il bisogno di prestare o regalare a qualcuno di caro, perché quella storia e il modo in cui è raccontata non si fermino sul nostro comodino.

In tre parole chi è Celeste?
Celeste è una bambina che è subito confrontata ad un mondo più grande di lei, talvolta crudele e insensibile, che vista la sua tenera età può cogliere solo in parte. Mi piacerebbe che si leggesse il fumetto come ci si addentra in un sogno – a tratti un vero e proprio incubo – ma che ci permette di ricordare da dove sono partiti gli italiani in Svizzera. Quella di Celeste è una storia di speranza, amicizia, curiosità, amore, umiltà e spirito di sacrificio. Celeste è anche la voglia di rinascere, ripartire, ricostruire la propria vita pietra dopo pietra, integrarsi e sentirsi a casa ovunque ci si trovi, senza dimenticare da dove si è arrivati.

Dopo il successo a Neuchâtel cosa si aspetta a Berna? 
A Neuchâtel io e Cecilia siamo stati accolti da un pubblico molto caloroso. È stata una bellissima sorpresa vedere che il tema della migrazione italiana in Svizzera e un fumetto possano suscitare tanto entusiasmo. La sincerità, l’umiltà e la dedizione con cui abbiamo affrontato un tema così delicato sono state comprese e apprezzate. Non posso che sperare che sarà così anche a Berna. Non vedo l’ora! Un caro saluto ai lettori di italoBlogger.